Non tutto sarà come prima! Una profezia, spesso usata e abusata, prima per spiegare il dopo “caduta del muro di Berlino” oggi il dopo” pandemia” dovuta al Covid-19.
La prima trovava le sue argomentazioni principalmente nella fine delle ideologie. La seconda nel suo sistema economico.
Oggi proprio l’ordine internazionale con i suoi paradigmi economici e sociali è entrato in crisi. La pandemia, e non solo, ne sta accelerando la disfatta.
Una globalizzazione incontrollata, la debolezza dei gruppi dirigenti e un neoliberismo selvaggio, inaspriscono i conflitti tra nazioni e popoli, che per la fragilità delle nostre società, fanno riaccendere pericolosi focolai di nazionalismo fino a temere di nuovi conflitti bellici.
Già con il neoliberismo, ormai dominante, è entrato in affanno il welfare. Le differenza sociali tra individui e popoli sono in aumento. Il Codiv-19, oggi, sta dando il colpo di grazia all’intero sistema cosi come eravamo abituati a viverlo.
Le relazioni interpersonali sono sottoposte a rapidi e forti cambiamenti come le nostre abitudini e stili di vita. Il nostro rapporto con la salute, con il lavoro, il nostro benessere tutto cambia.
La finanza, il sistema produttivo, l’intera economia sta vivendo, o meglio, sta subendo questa crisi.
Tutti e tutto ne saranno travolti.
Sarà, invece, proprio qui che dobbiamo misurare la capacità delle forze progressiste e socialiste in particolare, di individuare una via d’uscita per un nuovo equilibrio più umano e di più lunga durata. Una emozionante sfida.
Una grande occasione per un reale cambiamento dell’intero sistema. La nostra vita, i nostri interessi, i nostri valori andranno incontro a profondi cambiamenti con una priorità per la salute, la cultura, l’ambiente e la felicità personale e collettiva, la pace, e l’abolizione della fame e della povertà .
Nulla potrà garantire che tutto questo non si incammini verso una involuzione negativa e pericolosa e che tutto andrà peggio. Molte e forti saranno le resistenze al cambiamento.
Tra queste, non sono di secondaria importanza, l’enorme acquisizione di dati personali, aumentata anche per gestire il coronavirus, il controllo dei social, dei mezzi di informazione e dello sviluppo della cultura.
Basti osservare quanto peso hanno sulle coscienze, sia deboli che preparate, le Fake News.
Un controllo e una manipolazione che oltre ad aumentare l’occasioni di profitto, possono essere usate per fini politici da una ristrettissima oligarchia.
Oggi gli individui e le stesse società sono più liquide ma più fragili e precarie, con sempre più scarsa capacità di difesa e di produzione di anticorpi.
Una società debole, culturalmente ferma, con una classe dirigente improvvisata e inconsistente, dove tutti nessuno escluso, hanno finito per ricusare la politica per dar voce al populismo.
Un vero cancro per la democrazia che se non fermato genera metastasi.
Se alcuni stati specie dell’Asia hanno saputo intervenire più prontamente e più efficientemente al contrasto del Covid-19 lo devono proprio nel loro minore individualismo, la loro maggiore coesione sociale e l’esistere di reti comunitarie ancora forti.
Mentre da noi, in occidente, l’incontrollato liberismo ha finito per indebolire la sfera pubblica e le sue capacità d’intervento.
Una debolezza che da tempo ci ha portato ad avere non solo una economia di mercato ma una società di mercato, con le sue priorità dove la tutela della salute degli uomini e della natura sono ormai secondarie e sempre meno importanti.
L’Occidente viveva nell’illusione di rappresentare la centralità mondiale che, seppur con molte contraddizioni, aveva il suo nucleo nell’alleanza tra Stati Uniti e Europa.
Questa pandemia ha scoperchiato la crisi del sistema occidentale nella sua interezza. Un nuovo ordine mondiale si sta autonomamente organizzando e non si può escludere che troverà la sua centralità proprio nella Cina con un importante ruolo anche del continente africano.
Qui l’Europa vive il suo momento più difficile.
Questa Europa cosi come la stiamo vivendo non è in grado di garantire sistemi di protezione sociale e sanitaria per effetto dell’insistenze di politiche d’austerità.
Tutti effetti del dopo Maastricht con la sua egemonia liberista, che impone vincoli alla spesa pubblica e il blocco degli aiuti di stato, senza nessun obiettivo di crescita ne di aumento dell’occupazione.
L’arretramento dell’intervento pubblico nel campo della ricerca, dell’innovazione, della cultura e dei sistemi sanitari produce solo guasti spesso irreversibili.
La globalizzazione e l’apertura di nuovi mercati hanno accelerato la sua crisi accentuando tutte le sue debolezze.
L’Europa non ha saputo riformarsi.
Ora dovrà dimostrare, per continuare ad esistere, tutta la sua voglia e la sua capacità di mettere in campo un grande programma sociale, di ripresa economica, di trasformazioni, financo a rimodellare il suo assetto istituzionale.
Oggi è forte ed attuale l’idea di dar vita agli “STATI UNITI D’EUROPA”.
Non potrà esserci ripresa senza riduzioni delle diseguaglianze e la cancellazione ogni povertà.
Una sfida epocale dalla quale dipenderà non solo il suo futuro ma quello del mondo intero.
Non la fine della globalizzazione ma un nuovo ordine mondiale per renderlo più umano, già nel nostro continente. Un monito e un ultimatum anche al Partito Socialista Europeo che molto può ancora fare.
L’alternativa è pericolosa perché porta all’autarchia, al rinchiudersi nei propri confini alimentando diffidenza e ostilità tra popoli. La fine del sogno europeo. François Mitterrand, in una Francia nazionalista per antonomasia, già allora sosteneva con forza che il “Nazionalismo è Guerra”.
Da qui l’urgenza di rimuovere tutti i freni che ostacolano una forte e totale integrazione tra noi europei ma, anche con il resto del mondo. Una rivoluzione culturale e politica capace di mettere al centro le persone. Occorre superare i tabù, primo quello di credere che non c’è alternativa al pensiero unico liberista. L’Italia può assumere ora un ruolo significativo.
La risposta non potrà essere certo ’Prima gli Italiani’ perché questo giustificherebbe ‘Prima i Tedeschi’ o gli Olandesi o gli Ungheresi con l’unico effetto di alimentare un incontrollato egoismo nazionalista.
Chiusa la polemica sull’entità e dei modelli degli aiuti economici che l’Europa mette in campo per aiutare i singoli Stati ad uscire dalla crisi, ora l’attenzione deve essere rivolta, con forza e senza tentennamenti alla qualità dei nuovi interventi sociali e ambientali per un nuovo sviluppo economico e sociale. I mesi che abbiamo di fronte sono cruciali per costruire un nuovo e diverso futuro.
Forse dalla pandemia ne usciremo o quanto meno dovremmo abituarci a convivere con il virus. In attesa di un vaccino che dovrà essere per tutti disponibile.
Certo superata la pandemia è vero “Non tutto sarà come prima!”.
Sarà compito nostro, dei Socialisti, del PSE più di altri, costruire le basi per un nuovo sistema di relazioni internazionali, economiche e politiche e umane.
Dalle due sponde dell’Atlantico deve crescere una nuova coalizione democratica, progressista, riformista e socialista che si accrediti come gestore della nascente fase dello sviluppo mondiale, cambiando anche i suoi attuali paradigmi di riferimento.
La nuova globalizzazione dovrà essere gestita e non subita, attraverso una diversa visione qualità dello sviluppo che eviti il ritorno a vecchi conflitti e improvvise regressioni economiche e sociali. Un ordine nuovo valido non solo per l’occidente. Una nuova governance del mondo. Un nuovo equilibrio, un nuovo asse di dialogo e di rapporto con l’intero mondo e con tutti i popoli.
Principalmente con la Cina.
Per fare questo abbiamo bisogno di una nuova classe dirigente orgogliosa dei valori della nostra democrazia ma che sappia comprendere e rispettare i valori degli altri.
Sarà qui che ci giochiamo la possibilità concreta di dare un futuro all’idea socialista. Il PSE, i socialisti tutti lo possono fare lo debbono fare.
Atlantide Di Tommaso